Eziopatogenesi della depressione

Le cause ed i meccanismi che innescano la depressione

 

È chiaro che parlando di disturbo depressivo clinicamente significativo metto in campo tante forme di depressione diverse (di cui noi ne vedremo 4-5). L’approccio è ovviamente bio-psico-sociale, a cui talvolta si aggiunge un quarto elemento che è la spiritualità.

In alcune forme è più presente la componente bio, in altre più quella psico, in altre quella psico-sociale, ma è chiaro che devono essere considerate assieme.

Per ogni paziente devo quindi considerare tutti gli elementi bio, tutti quelli psico e tutti quelli sociali.

Questo approccio deve essere eseguito verso tutti i pazienti e non solo quelli psichiatrici.

Per es. anche nel paziente con un infarto al miocardio, oltre che conoscere tutti i parametri ematici e vascolari, devo conoscere il suo stato d’animo, se è depresso, in che mondo vive, che rapporti ha, il tutto per avere un inquadramento della persona altrimenti non si cura e non si fa assistenza.

 

LA VARIABILE BIOLOGICA

Entrando nel dettaglio della patologia, seguendo sempre il modello bio-psico-sociale, si vede come nella biologia ho degli elementi molto importanti:

  • per alcuni dei quali non c’è nulla da fare come per la genetica, per le predisposizioni ereditarie e per il sesso femminile;
  • per altri invece, come per i neurotrasmettitori alterati, è possibile agire farmacologicamente.

 

  • Si sa che alcuni disturbi depressivi, come la forma depressiva unipolare chiamata anche maggiore, è più frequente nel sesso femminile in un rapporto 2:1.

Questo perché c’è tutto un mondo che riguarda il genere e che pone importanti differenze tra uomo e donna, non soltanto fisiche, ma anche costituzionali, come l’aspetto ormonale, l’aspetto endocrino, lo stesso funzionamento del cervello è differente: Infatti tramite una RM funzionale si vede che i collegamenti cerebrali inter-emisferici sono  diversi nei due sessi.

  • Anche l’età è un fattore da considerare: la psico-geriatria è un’area specifica della psichiatria, la depressione dell’anziano è molto diversa da quella del bambino e da quella dell’adulto.

Ci sono delle caratterizzazioni  diverse legate anche all’età.

 

Questo approfondimento bio-psico-sociale porta a considerare il disturbo depressivo come malattia SISTEMICA: Tutti gli organi, tutta la biologia, tutta la psicologia e tutto l’inter-personale della persona sono coinvolti nel disturbo depressivo.

Quindi non è una malattia psichiatrica ma una malattia sistemica.

Certamente è argomento specifico della psichiatria,ma è ancor di più trasversale e inerente a qualunque specialistica. Questo per due ragioni:

  • perché è una patologia che attiene agli esseri umani e dunque qualunque persona che abbia il diabete, un infarto, la SLA, un tumore, può avere un disturbo depressivo;
  • perché tutti gli apparati, in un ottica bio-psico-sociale, sono interessati.

 

LE VARIABILI PSICOSOCIALI

Le variabili che si devono prendere in considerazione parlando di modello bio-psico-sociale sono: (a tal proposito si vedrà poi un caso clinico in cui si separano le cause biologiche, psicologiche e sociali)

 

  • la problematica dell’attaccamento: il grande lavoro di John Bowlby, che negli anni ’60-’70-’80 approfondisce il tema della depressione e della perdita, andando ad indagare su tutti gli elementi che comportano un rischio di sviluppare disturbi depressivi a seconda  delle esperienze precoci nell’attaccamento madre-figlio.

Vi sono degli elementi biologici, psicologici e sociali (va tenuta sempre a mente la visione sistemica però) che riguardano gli eventi precoci che accadono in età infantile.

Il tema della perdita è centrale nel disturbo depressivo.

Quando si perdono delle cose, essendo queste proprie della persona, la persona stessa le vive come fossero delle amputazioni. In questo modo, si torna ad avere a che fare il corpo. Queste tematiche di perdita sono fondamentali .(parlando del lutto verrà trattata in maniera più specifica la tematica dell’attaccamento).

 

  • [Vi sono teorie nel modello psico-dinamico, secondo la corrente freudiana, che implicano qualcosa di interno riguardo ad alcuni elementi psichici che predispongono alla depressione] :
    • 1) un vissuto di sé inadeguato;
    • 2) il desiderio di arrivare a mete irraggiungibili; quest’ultimo aspetto viene chiamato l’”ideale dell’io”, che corrisponde all’idea di immaginarsi di arrivare a qualche traguardo davvero arduo, e dunque ciò implica il non raggiungimento di quell’obbiettivo e il sentimento “che sono io che non valgo”. Per cui quanto più uno mira in alto, tanto più è il rischio di prendere una fregatura.

 

Si tratta quindi di una predisposizione basata su una storia psicologica.

Quando si affronterà la psicoterapia si parlerà del vissuto interno che diventa molto inconscio.

Freud ne parla in termini di inconscio propriamente detto, i positivisti parlano di quella memoria intrinseca, interna, implicita,a cui la persona non ha consapevolezza immediata ma che costituiscono gli schemi di comportamento mentale, che fanno reagire ad un avvenimento in una certa maniera senza sapere il perché.

 

LE VARIABILI SOCIALI:

Quando si parla di attaccamento si parla di rapporti inter-personali, di qualcosa che va a rompere le dinamiche sociali.

Le variabili sociali sono molto studiate, perché gli eventi stressanti attendono alle dinamiche sociali.

L’autore George Brown alla fine degli anni ’70 fa uno studio finanziato dal governo inglese sul rapporto tra eventi stressanti e depressione nel sesso femminile.

Questa correlazione, facilmente intuibile, andava dimostrata e andavano specificati quali eventi stressanti fossero in gioco, in funzione di quali caratteristiche personologiche, altrimenti si rischiava di generalizzare, ed è il rischio che molti medici in realtà hanno tuttora.

Il  pregiudizio è molto diffuso ancora oggi, basti sapere che nel mondo oncologico si dà per scontato che chiunque abbia un cancro diagnosticato, sia depresso.

Questo non è vero perché innanzitutto va chiarito che cosa si intende per depresso. Triste è diverso da depresso clinico.

Il medico oncologo pensa che il 100% dei pazienti sia depresso quando invece si sa che solo il 20% lo è, per quanto non sia poco.

Devo quindi individuare i fattori di rischio e lavorare per capire se e in che modo viene percepito l’evento stressante, a seconda del vissuto del paziente.

Il tema del lutto-depressione di questi anni è il grande studio sia del rapporto tra stress e malattie anche mediche (tipo patologie cardiache), sia della depressione come elemento clinico secondario al lutto. Es. è morta una figura cara, ma non è ovvio che il paziente sia depresso.

È ovvio che sia triste, ma non depresso. E in tal caso bisogna capire se è fisiologico oppure no. Non è importante andare a psichiatrizzare la tristezza che è normale e fisiologica, anche perché la persona ha i propri modi naturali ritualizzati, come può esserlo la fede, per uscire dallo stato creato dall’evento stressante.

È importante andare a discriminare chi invece ha bisogno di un aiuto specifico, perché nel momento in cui si generalizza non si fa nulla dando quello stato depressivo per scontato.

In questa maniera si compiono due errori:

  • si immagina la depressione identica a sé stessa, in cui si paragonano la tristezza e la depressione come la stessa cosa;
  • si pensa che la depressione sia un fenomeno normale, quando invece quella clinicamente significativa è solamente il 20%.

 

Da dopo gli anni ’70, seguono tutta una serie di studi di psichiatria che si prefiggono di capire quando un disturbo depressivo clinicamente significativo influenza negativamente l’immunità abbassando le difese immunitarie del soggetto e rendendolo esposto ad altre malattie, da cui il concetto di depressione come malattia socialmente interessante, perché espone le persone ad ammalarsi, in senso anche fisico.

Diversi sono i fattori che influiscono sulla comparsa o meno della patologia.

Tra questi ci sono: il supporto sociale, gli eventi di vita, la predisposizione individuale , la vulnerabilità bassa o alta,etc.

In funzione di tutte queste variabili, si osserva come esista una correlazione che prevede che

  • a bassa vulnerabilità devo avere diversi eventi stressanti per diventare malato,
  • ad alta vulnerabilità anche pochi eventi mi fanno ammalare.

 

Grande ruolo gioca il mediatore di supporto sociale per cui le persone sole sono più esposte ad ammalarsi. Rispetto al modo individuale di reagire agli eventi “coping interno”, avere supporto è chiamato anche “coping esterno”.